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                Commenti 
                ricevuti dal Comitato Valdo Fusi  
                 
                  
                19/5/2005 marta fusi 
                   
                  
                20/5/2005 donatella 
                d'angelo 
                 20/5/2005 francesca 
                referza 
                 20/5/2005 giovanni 
                torretta 
                  20/5/2005 
                franco corsico 
                  23/5/2005 
                giambattista quirico 
                  3/6/2005 
                enrico salza 
                  4/6/2005 
                tom muirhead 
                  9/6/2005 
                enrico bettini 
                  26/6/2005 
                luigi bobbio, franco corsico, matteo robiglio 
                  4/7/2005 
                mercedes bresso 
                    
                2/9/2005 benedetto camerana 
                2/11/2005 giovanni torretta 
                21/12/2005 
                andrea miglietta 
                 
                 
                 
                19/5/2005 marta fusi  
                valdo fusi nacque a pavia il 9 maggio 1911, da antica, operosa 
                famiglia pavese, e morì all’ improvviso ad isola d’asti 
                il 2 luglio 1975, nella casa della moglie. frequentò i primi due 
                anni del liceo a pavia. il terzo anno lo completò a torino, dove 
                il padre si era trasferito per lavoro. enrica malcovati, sua docente 
                liceale, ricorda valdo così: "vivo è in me il ricordo del giovinetto 
                studente di liceo altissimo, bellissimo, vivacissimo: intelligente,esuberante; 
                sprizzava gioia di vivere, attirava l’attenzione e la simpatia 
                dei compagni tra i quali godeva di un certo prestigio. non brillava 
                nello studio, sicchè dovette riparare a ottobre il greco". a torino, 
                fusi concluse l’ultimo anno della scuola superiore presso 
                il liceo "massimo d’azeglio". cristiano convinto e coraggioso, 
                si iscrisse al circolo della gioventù cattolica intitolato a severino 
                boezio e fece parte del consiglio direttivo della fuci ( federazione 
                universitaria cattolici italiani). nel maggio del 1931 il circolo 
                venne chiuso per ordine del governo fascista. un decreto prefettizio 
                dichiarava sciolte tutte le associazioni giovanili di qualsiasi 
                natura che non facessero capo alle organizzazioni del partito 
                nazionale fascista e all’opera nazionale balilla. fusi è 
                il solo presente in sede al momento dell’incursione dei 
                funzionari della polizia, che pongono sotto sequestro gli arredi 
                del locale e portano via la bandiera del circolo. nel biennio 
                1933-1934, valdo scrisse due operette musicali, che un gruppetto 
                di giovani e volenterosi orecchianti recitavano e cantavano al 
                teatrino del duomo. si trattava di scherzose canzonature dei personaggi 
                più noti del mondo cattolico torinese. i titoli, di rassenerante 
                umorismo, erano "fòmmse coragi" e "yukkaidy". il 26 novembre 1934, 
                fusi si laureò in giurisprudenza presso la regia università di 
                torino a pieni voti con lode. prestò poi servizio militare con 
                il grado di sottotenente del primo reggimento granatieri di sardegna. 
                crollato il fascismo il 25 luglio 1943, si impegnò nella fondazione 
                del partito della democrazia cristiana. dopo l’8 settembre, 
                partecipò subito alla lotta contro il nazifascismo. membro del 
                comando militare del comitato piemontese di liberazione nazionale, 
                fu arrestato nel duomo di torino con tutti gli altri componenti 
                del gruppo direttivo clandestino. mussolini volle che questi ribelli 
                fossero processati all’istante. il "processo di torino" 
                fu uno dei gesti più repressivi per arginare il dilagante movimento 
                di liberazione in alta italia. il 3 aprile 1944, dopo brevissima 
                istruttoria, il processo si concluse con la condanna a morte di 
                balbis, bevilacqua, biglieri, braccini, giachino, giambone, montano 
                e perotti. la fucilazione alla schiena ebbe luogo al poligono 
                di tiro del martinetto, alle prime ore del 5 aprile 1944.Tutti 
                i patrioti gridano: "viva l’italia libera!". fusi, assolto 
                per insufficienza di prove, scrisse in seguito fiori rossi al 
                martinetto. la delicata sensibilità dell’autore, la sua 
                fine ironia, la sua partecipazione nutrita di amore e di pietà 
                fanno di questo racconto – testimonianza un libro di poesia, 
                un limpido e commosso omaggio alla nobiltà d’animo di uomini, 
                fatti per la pace, che seppero affrontare la morte con serenità 
                per un istintivo senso del dovere. consigliere comunale per cinque 
                anni, riuscì eletto al parlamento nella prima legislatura dal 
                1948 al 1953. nel quinquennio successivo ebbe impegni di peso 
                come consigliere provinciale. presidente dell’ente provinciale 
                per il turismo, a titolo gratuito, all’incirca dal 1960 
                al 1963, promosse spettacoli teatrali che ebbero l’apprezzamento 
                del mondo artistico nazionale ed europeo . cessato questo incarico, 
                ottenne la presidenza dell’ ordine mauriziano dal 1964 al 
                1970, volutamente non retribuita. avvalendosi della sua perizia 
                giuridica, riordinò ed accrebbe il patrimonio dell’antica 
                istituzione sabauda, migliorando così l’ assistenza sanitaria 
                erogata dall’ospedale umberto I. nel 1965, la "famija turineisa" 
                lo proclama "cittadino dell’anno". pavia lo rivendicò come 
                suo cittadino e, nel dicembre 1973, lo onorò con una onorificenza 
                schiettamente pavese: la medaglia d’oro di San Siro, il 
                patrono della città, con il relativo diploma di benemerenza ed 
                una motivazione sobria : "cattolico, penalista di alta qualità, 
                deputato al parlamento, partigiano valoroso, ha descritto le sue 
                vicissitudini in un volume assai noto: "fiori rossi al martinetto" 
                in cui rifulgono sentimenti di alta fraternità umana, assunti 
                come codici di vita". nel 1974 , il consiglio comunale di torino 
                lo nomina "cittadino onorario". viene insignito della più alta 
                onorificenza italiana, quella di cavaliere di gran croce dell’ 
                ordine al merito della repubblica italiana. negli ultimi anni, 
                stava lavorando ad una nuova operatorino un po’ che sebbene 
                fosse ultimata, non ebbe la gioia di pubblicare. un libro ormai 
                caro ai torinesi. una corsa affascinante, che mescola ricordi 
                storici, erudizione artistica, emozioni estetiche e suggestioni 
                segrete della città antica e di quella attuale. nel 1977, il sindaco 
                comunista di torino, diego novelli, con procedura straordinaria 
                a soli due anni della morte, volle intitolare al suo nome con 
                importante piazzale, quello dove sorgeva l’antico politecnico 
                distrutto da un bombardamento: fusi aveva proprio difeso quella 
                vasta spianata dalla profanazione con nuovi moderni fabbricati. 
                quattro vie vi sboccano: via san francesco da paola, via giolitti, 
                via dell’accademia albertina e via cavour. ai quattro angoli 
                della piazza, sbocco delle quattro vie, su quattro targhe di bronzo 
                è stato scritto il nome valdo fusi, scrittore. 
                 
                  
              
              
                
               
               
              20/5/2005 donatella d'angelo  
              mi si chiede un ricordo, una testimonianza su valdo fusi e subito 
              mi vengono in mente due momenti. uno più privato, quando veniva 
              a trovare mio papà ed ero ragazzina; so che parlavano di problemi 
              legati alla giustizia ed entrambi poi facevano parte d'una associazione. 
              non ero molto interessata ai loro discorsi ma - come fosse oggi 
              - mi affiora l'immagine d'un signore alto, allampanato dai modi 
              cortesi ma asciutti, poco incline al sorriso ma diretto e concreto. 
              più avanti nel tempo, mi invitò ad entrare in italia nostra; non 
              seguii subito quel suggerimento, ma solo dopo qualche anno ci ritrovammo 
              io consigliere della sezione cittadina, lui vicepresidente e poi 
              presidente. ricordo le sedute, i lunghi consigli informali ma produttivi, 
              senza retorica e verbali, ma efficaci e propositivi, tesi ad azioni 
              dirette e mirate all'interesse della città. chissà perché lo ricordo 
              allungato quasi disteso su una di quelle sedie sgangherate della 
              sezione a lanciare invettive contro il degrado delle dimore sabaude,i 
              casermoni dei palazzinari torinesi, l'inarrestabile declino dei 
              palazzi storici del centro. non alzava mai la voce,ma aveva un tono 
              amaro, sarcastico, il suo viso si trasformava, quasi ne veniva una 
              smorfia quando gli si denunciava uno sfregio alla "sua" città. valdo 
              fusi non era un "simpatico" e non voleva esserlo, per questo era 
              un grande e lo stimavo; ho sempre avuto simpatia (mi si passi il 
              gioco di parole) per gli "antipatici" perché avendo un brutto carattere 
              hanno un carattere e non sono quindi inclini al sì, all'ossequio 
              al potere al conformismo. valdo fusi era come antonio cederna, come 
              giorgio bassani come augusto cavallari murat (ah, se avessi registrato 
              le sue lunghissime telefonate - vere e proprie lezioni di storia!!), 
              erano tutti "uomini contro" che non ammiccavano, non cercano il 
              consenso, la simpatia non avevano il sorriso stampato a 36 denti,sapevano 
              indignarsi ed inveire contro il pressapochismo, la superficialità, 
              il malaffare... valdo fusi era uno di questi "sublimi antipatici" 
              che con una battuta fulminava gli idioti e... me l'immagino adesso 
              come avrebbe reagito davanti a tanta scempiaggine, alle lacrime 
              di coccodrillo di tanti, all'inerzia di molti, all'ipocrisia di 
              alcuni ed alla vera sincera indignazione di pochi. non consentiamo 
              per lo meno di lasciare il suo nome a fronte d'una infamia che avrebbe 
              con veemenza e coraggio combattuto... ma no forse è l'ironia della 
              sorte che ha voluto per l'ultima volta dal cielo farlo arrabbiare 
              per ricordarcelo così sempre sublimamente antipatico, combattivo 
              e unico.  
              donatella d'angelo (già presidente della sezione di torino di italia 
              nostra) 
                
               
                 
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  20/5/2005 francesca referza 
                  mi occupo di arte contemporanea con una particolare attenzione 
                  a ciò che accade nello spazio pubblico. quella offerta dal comitato 
                  valdo fusi sembra in effetti una bella occasione per ripensare 
                  e ridisegnare, per usare un termine rinascimentale, porzioni 
                  di tessuto urbano, in un'ottica finalmente non episodica e, 
                  per la prima volta in italia per quanto riguarda l'architettura, 
                  partecipata, parola magica ormai di moda tra molti addetti ai 
                  lavori del settore. e' appunto in questa importante occasione 
                  offerta alla città di torino dal gruppo del comitato valdo fusi 
                  che sarebbe interessante applicare un principio spesso disatteso, 
                  cioè quello della progettazione parallela e coordinata di architettura 
                  ed arte. troppo spesso infatti in una progettazione urbanistica 
                  ed architettonica che si trovi al grado zero, all'arte viene 
                  assegnato un odioso quanto umiliante ruolo decorativo - ornamentale 
                  e comunque di nicchia ( e quindi piuttosto posticcio rispetto 
                  al contesto in cui viene inserito), quando non accade, in situazioni 
                  urbane preesistenti, che all'arte e all'artista si chieda una 
                  onerosa quanto improbabile funzione riparatoria di precedenti 
                  danni architettonici attribuendo così alla singola opera una 
                  sorta di potere consolatorio, estetico e sociale, che spessissimo, 
                  peraltro, non è in grado di esercitare. ora ci si domanda se 
                  questa situazione sia conseguenza di una sorta di snobismo di 
                  una disciplina ( termine riduttivo me ne rendo conto, ma non 
                  me ne vengono altri al momento), l'architettura, nei confronti 
                  di un'altra, l'arte, o se sia l'effetto di una carenza legislativa 
                  che non pone vincoli ( ma nemmeno impone regole procedurali 
                  ) di nessun tipo sull'argomento ( eccezion fatta per la problematica 
                  legge del duepercento ), confidando così totalmente sulla lungimiranza 
                  dei committenti. d'altro canto, tuttavia, una certa doverosa 
                  prudenza nei confronti dell'arte va assolutamente esercitata 
                  dal momento che, ormai dagli anni novanta, dilaga un certo sommario 
                  interesse per gli interventi pubblici, sia da parte di una committenza 
                  spesso smaniosa di esibirsi, sia da parte degli artisti, incondizionatamente 
                  disposti ad improvvisarsi attori dello spazio pubblico. con 
                  questa ultima affermazione, presa in prestito da enrico crispolti, 
                  non intendo ovviamente giustificare un eventuale snobismo dell'architettura 
                  sull'arte, ma nemmeno farmi paladina dell'arte pubblica in genere. 
                  sono, pertanto, convinta che quella offerta dal comitato valdo 
                  fusi debba considerarsi una imperdibile occasione per riscattare, 
                  nel campo della progettazione urbanistica, errori commessi altrove 
                  dall'una e dall'altra parte.  
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                  20/5/2005 giovanni torretta 
                  si allega lettera spedita alla stampa dalla societa' degli ingegneri 
                  e degli architetti in torino, c.so massimo d'azeglio 42, in 
                  data 27 ottobre 2004 
                  egregio direttore, 
                  il dibattito esploso sulle pagine de "la stampa" a proposito 
                  di quanto sta accadendo sulla spina e sul "valdo fusi" ci lascia 
                  perplessi per il poco risultato che promette. nei prossimi anni 
                  appariranno le opere delle olimpiadi, si inaugurerà la metropolitana, 
                  si continuerà a completare la spina. se la città non prenderà 
                  queste occasioni per migliorare la capacità collettiva di giudizio 
                  difficilmente potrà aspirare al ruolo europeo che spesso si 
                  attribuisce. uno confronto a base di insulti, corredato da solidarietà 
                  su barricate, non può aiutare a costruire nulla. un confronto 
                  sul "bello" è un accademico discutere sul sesso degli angeli. 
                  se il "valdo fusi" (nome che ai più anziani ricorda stili e 
                  comportamenti che sembrano lontani di secoli) non trova il gradimento 
                  della città, occorre cercare di capire perché. perché non funziona 
                  il tentativo di ricostruire il perimetro dell'isolato e di trattare 
                  l'invaso interno come un catino verde con un piccolo edificio 
                  nel centro, di proporre una sorta di giardino protetto rispetto 
                  al traffico circostante. cos'è che genera rifiuto? sono forse 
                  i muri che fanno il verso caricaturale a quelli del vecchio 
                  s. giovanni, oppure l'eccessivo spazio delle rampe di accesso 
                  che danno l'aspetto di grande stazione di servizio o ancora 
                  la modestia dell'edificio centrale ? in buona sostanza il "modo" 
                  con cui è stato attuato il progetto? oppure è l'idea di progetto, 
                  con volumi troppo frazionati, fuori scala rispetto alla compattezza 
                  degli edifici circostanti, schema progettuale che non riesce 
                  ad entrare in dialogo con la città che lo circonda, che non 
                  riesce a proporre una sufficiente amenità dello spazio nuovo 
                  in alternativa alla ricostruzione dura di un isolato rimasto 
                  inesplicabilmente vuoto dopo le demolizioni belliche oppure 
                  ancora è l'idea stessa di distruggere l'alberata che ormai aveva 
                  preso corpo nel nostro immaginario, alberata che si era ormai 
                  resa insostituibile, soprattutto se eliminata per fare spazio 
                  a pochi parcheggi in più rispetto a quelli che ospitava? la 
                  sommaria analisi potrebbe continuare ma è evidente che può chiamare 
                  in causa, secondo il livello in cui la carenza si rivela maggiore, 
                  i progettisti, per le modalità di sviluppo dell'idea iniziale, 
                  o la commissione di concorso (é proprio vero: il progetto fu 
                  affidato con un concorso pubblico a scala europea!) per l'incapacità 
                  di valutare le gerarchie degli spazi urbani, o la amministrazione 
                  comunale, per la decisione di sostituire l'alberata con un modesto 
                  parcheggio interrato. 
                  ma tra le cose viste e lette su "la stampa" negli ultimi giorni, 
                  l'accento più sconcertante ed in un certo senso divertente per 
                  il sarcasmo che può suscitare sta in quell'immagine dell'amico 
                  cagnardi che con il dito indica con scandalo gli edifici che 
                  stanno nascendo sulla spina. secondo lui, sono brutti ma non 
                  dice perché. sono edifici carenati da quel jean nouvel che ha 
                  firmato alcuni degli interventi più prestigiosi nati negli ultimi 
                  anni in europa. il nostro enigmatico francese non ha mai brillato 
                  per attenzioni particolari alle cose/case in mezzo alle quali 
                  ha inserito i suoi interventi, basti ricordare la sede del festival 
                  musicale di lucerna, ma la sua maestria nel trattare l'edificio 
                  è fuori discussione, e anche quello indicato con il dito di 
                  cagnardi rivela un certo garbo, insolito rispetto alla produzione 
                  corrente di torino. ci spieghi cagnardi cos'è che non va. non 
                  sarà forse la sorpresa per la mal calcolata dimensione degli 
                  interventi nuovi del suo piano regolatore? ricordiamo che quel 
                  piano è tutto orientato a costruire sulla spina alcuni nuclei 
                  di riferimento di classica presenza (il politecnico, il palazzo 
                  della regione, i due edifici alti all'incrocio tra spina e c.so 
                  vittorio) come tante volte ci è stato illustrato con plastici 
                  e vedute. monumenti che avrebbero dovuto scandire il grande 
                  nuovo viane nord-sud. ma se queste presenze sono affogabili 
                  all'interno di ambiti urbani in cui con ogni sforzo, persino 
                  reinserendo il trasferimento di cubatura, si consente una concentrazione 
                  di edificato molto alta, le gerarchie saltano. la parte di città 
                  che dovrebbe fare da struttura omogenea e di corredo rispetto 
                  ai pochi edifici emergenti prende il sopravvento e annulla ogni 
                  rapporto gerarchico. la concentrazione non è avvenuta per caso 
                  ma è il frutto delle previsioni di piano che volevano creare 
                  condizioni economiche appetibili ed invitanti per gli imprenditori 
                  che si fossero avventurati nelle realizzazioni, insomma è il 
                  risultato di un "sano" realismo progettuale. e allora perché 
                  stupirsi? 
                  tutto ciò rimanendo all'interno della logica del piano regolatore, 
                  anche se si tratta di un piano che ha fatto nascere non poche 
                  perplessità per il carattere poco dialogante con la splendida 
                  struttura storica della nostra città che è portata ad esempio 
                  in ogni manuale di urbanistica. 
                  caro direttore, la nostra società da sempre (siamo stati fondati 
                  nel 1866) segue con attenzione ed ha pubblicato sulla propria 
                  rivista i principali atti destinati ad incidere sulla città. 
                  ritiene che quanto sta accadendo sia di grande importanza per 
                  il futuro del nostro vivere urbano. su questi argomenti sarebbe 
                  di grande utilità stimolare dibattiti più approfonditi che consentano 
                  confronti e aiutino a maturare la comunità. perché non dedicare 
                  per un po' di tempo una colonna del giornale per dare uno spazio 
                  più sereno e soprattutto più ragionato al confronto tra progettisti, 
                  imprenditori, amministratori e critici. forse così si potrebbe 
                  contribuire meglio alla crescita collettiva. basta guardare 
                  oltre confine per rendersi conto di quanto ne abbiamo bisogno. 
                  "aspettare" che le cose siano finite per discuterne può essere 
                  una buona e prudente politica ma avviene quando ormai tutto 
                  è realizzato e, se non condiviso, accettato con una certa rassegnazione. 
                  il ferro va battuto fin che è caldo. 
                  a disposizione per eventuali suggerimenti la saluto con molta 
                  cordialità. 
                  il presidente della società, architetto giovanni torretta 
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  20/5/2005 franco corsico 
                  ti ringrazio della comunicazione-invito relativo all'iniziativa 
                  per sviluppare azioni di dibattito e confronto allargato sui 
                  temi della qualità urbana negli interventi a torino. aderisco 
                  all'iniziativa confidando che lo sforzo comune sia proprio quello 
                  di effettuare valutazioni serene. attrezzarsi per migliorare 
                  la nostra capacità di intervento è assolutamente necessario, 
                  a questo possono anche contribuire le riflessioni sui limiti 
                  dei risultati di ciò che si è realizzato o si sta realizzando 
                  purché lo sforzo sia positivamente e responsabilmente rivolto 
                  a trovare soluzioni condivise e dotate di "saggia prudenza". 
                  in questo spirito non farò mancare il mio modesto apporto e 
                  ancora ti ringrazio per aver voluto interpellarmi. a causa di 
                  precedenti impegni oggi non potrò purtroppo essere presente 
                  ma rimango comunque a disposizione 
                  un cordiale saluto 
                  franco corsico 
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  23/5/2005 giambattista 
                  quirico 
                  ho compreso la sua inziativa e la sua proposta. devo però dirle 
                  che il mio ruolo ricoperto nell'istituzine mi impedisce di aderire 
                  al comitato. cordialmente, giambattista quirico 
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  3/6/2005 enrico salza 
                  oggetto: richiesta di adesione al comitato valdo fusi. 
                  ringrazio ma non posso aderire. in qualità di presidente della 
                  banca san paolo imi oggi e presidente della locale camera di 
                  commercio ieri, il più elementare rispetto della deontologia 
                  professionale non mi consente di fare altrimenti. nella nostra 
                  città, evidenti responsabilità istituzionali mi obbligano, come 
                  cittadino e come imprenditore, ad essere rispettoso delle scelte 
                  che l'amministrazione comunale ha assunto o comunque vorrà assumere 
                  un domani. 
                  peraltro so di aver già dato, a suo tempo, insieme ai miei collaboratori 
                  un serio contributo. molti anni fa, nel 1990, nelle vesti di 
                  presidente della camera di commercio di torino, promossi la 
                  costituzione di una società a maggioranza pubblica (50% camera, 
                  25% automobile club, 25% privati) per la realizzazione di un 
                  parcheggio e relativa sistemazione della piazza con tanto di 
                  concorso per la progettazione e pubblicazione di tutti i progetti, 
                  che furono presentati ufficialmente e trasmessi all'assessore 
                  competente, assieme ai relativi studi sulla viabilità intorno 
                  al piazzale (all.1). 
                  leggendo poi lo statuto, all'art.12 si afferma che "al 31 dicembre 
                  2006, qualora non sia stato conseguito lo scopo del comitato" 
                  esso stesso si scioglierà, mi domando: non c'è un eccesso di 
                  presunzione? quando a parigi furono costruiti il beaubourg o 
                  la piramide di vetro al louvre, furono tutte positive le relazioni 
                  dei parigini? certamente no, ogni testa un'idea diversa, però 
                  parigi è cresciuta anche tramite queste "provocazioni". credo 
                  sarebbe cosa saggia, al di là delle meditazioni del comitato, 
                  darsi un tempo almeno triennale, forse quello che oggi non piace, 
                  tra tre anni sarà apprezzato in modo diverso. vedo con piacere 
                  che l'art. 6, punto 3, dello statuto recita che "i componenti 
                  del comitato ed il presidente prestano la loro attività e ogni 
                  collaborazione a titolo gratuito". avrei personalmente aggiunto 
                  che nessun componente accetterà, ancorché richiesto, di essere 
                  progettista di eventuali modifiche che il comitato stesso suggerisse. 
                  con i migliori auguri di buon lavoro, enrico salza 
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  4/6/2005 tom muirhead 
                   
                  torino è una delle più belle città del mondo, soprattutto per 
                  il rigore del suo impianto urbanistico, una maglia complessa 
                  di cui ogni rigo ha il suo valore particolare. entro questa 
                  maglia si aprono degli spazi pubblici, quadrati o rettangolari, 
                  e che fanno parte dell'insieme. io ogni tanto vengo da londra, 
                  altra città di 'squares' settecentesche, per cercare ispirazione. 
                  ma ora, a piazza valdo fusi, ho trovato una preoccupante caduta 
                  del vostro buon gusto e del vostro leggendario garbo. nella 
                  nuova sistemazione, tutto quello che poteva andare male, mi 
                  pare sia andato male. le nuove costruzioni ai lati della piazza 
                  hanno alterato il rapporto tra cortina edilizia e spazio aperto. 
                  dietro a questi nuovi orrendi edifici, troviamo una sorta di 
                  vivaio di piante e un campionario di materiali di pavimentazione 
                  tra i più svariati, posati malissimo e senza professionalità. 
                  al centro, un padiglione che sembra uscito da un libro per bambini. 
                  a me questa piazza sembra un disastro urbanistico, concepito 
                  da qualcuno che non solo non sa nulla di colori, materiali, 
                  spazi, rapporti tra il verticale e l'orizzontale, e tante altre 
                  cose, ma che dentro di sé è molto infelice. mi è venuta voglia 
                  di andare via e di non vederla più. in un mondo sempre più votato 
                  alla volgarità, mi sembrerebbe auspicabile che torino difendesse 
                  la propria reputazione, restituendo a questa piazza un disegno 
                  sobrio, contenuto, e sopratutto semplice. prima che altri si 
                  offendano.  
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  9/6/2005 enrico bettini 
                  ora che è sorto anche un "comitato valdo fusi" per la 
                  riprogettazione del parcheggio interrato (e non solo) può essere 
                  utile puntualizzare i vari argomenti che la costruzione di quel 
                  parcheggio inevitabilmente ha sollevato e solleva.  
                  1) sull'opportunità di costruirlo pesa una decisione politica 
                  che ha dato -di fatto- la stura alla costruzione di altri parcheggi 
                  sotto le piazze storiche del centro di torino, anche quelle 
                  che nessuno pensava potessero essere profanate. di fronte alla 
                  levata di scudi contro i parcheggi di piazza vittorio e piazza 
                  s. carlo da parte di tante persone colte ed informate -nonché 
                  ex amministratori- non si dimentichi questa responsabilità non 
                  trasferibile ad altri.  
                  2) sulla regolarità del concorso non c'è proprio nulla da obiettare. 
                  e' stato bandito un concorso nazionale, è stata costituita una 
                  commissione giudicatrice, è stato nominato il suo presidente, 
                  sono stati selezionati i progetti considerati migliori , è stato 
                  scelto il progetto vincente e affidato l'incarico di realizzazione 
                  ai suoi progettisti. i lavori dei concorrenti sono anche stati 
                  esposti alla cittadinanza (la quale, dall'impianto del cantiere 
                  e quindi per anni, ha potuto ammirare il rendering dell'opera 
                  finita).  
                  3) una prima annotazione da fare è quella dell'importanza decisiva 
                  che ha la formulazione del bando di ogni concorso perché esso 
                  contiene gli obiettivi dell'intervento e la destinazione d'uso 
                  del suolo pubblico. il bando prescriveva la progettazione di 
                  un parcheggio interrrato di due piani e la sistemazione a verde 
                  della quasi totalità della sua superficie. pertanto, se si vuol 
                  incidere sul processo che conduce a determinati risultati occorrerebbe 
                  riconsiderare tutte le sue fasi, non escludendo certo la prima 
                  (il bando foriero di obiettivi e scelte di livello strategico) 
                  che è decisiva di tutto lo sviluppo successivo.  
                  4) una seconda annotazione riguarda, ovviamente, la commissione 
                  giudicatrice ed il presidente della stessa. sono loro che hanno 
                  scelto e selezionato, sono loro che hanno giudicato 'migliore' 
                  il progetto che adesso è realtà. hanno quindi precise responsabilità: 
                  chi ha indicato, scelto e nominato i membri della commissione, 
                  chi ha designato il presidente, i commissari ed il presidente 
                  stessi. anche tali indifferibili responsabilità non possono 
                  non essere evidenziate se si vogliono evitare esiti del genere. 
                  se è evidente (ed è evidente, non può esserci dubbio) che si 
                  è trattato, per talune responsabilità, di leggerezza nelle nomine 
                  e, per altre responsabilità, di autentica incompetenza, occorre 
                  tutelarsene correggendo il modo di gestire queste fasi da parte 
                  della 'macchina comunale' e operando la cancellazione di certa 
                  'nomenklatura' (spesso universitaria) dalla composizione delle 
                  commissioni dei concorsi così come di quella di funzionari interni 
                  all'amministrazione dimostratisi non all'altezza del compito, 
                  per quanto alto sia il loro grado nella gerarchia comunale. 
                   
                  5) nell'abbondante dibattito registratosi con l'approssimarsi 
                  della fine dei lavori si è verificato più di un intervento che 
                  ha messo in luce come esistesse un preciso orientamento teorico 
                  nel simulare la prospettiva delle vie a cortina circostanti 
                  tramite le tanto contestate paratie murarie agli angoli del 
                  piazzale cui sarebbe stata delegata la resa di un'analoga prospettiva 
                  'a cannocchiale'.  
                  6) se questa era l'idea, meglio sarebbe stato, pensare alla 
                  riedificazione dell'intero isolato (con sottostante autorimessa 
                  se proprio la si voleva) piuttosto che persistere con l'immagine 
                  di un vuoto che poi si è materializzato sul modello di uno stagno 
                  prosciugato. Dunque, sono innegabili anche le responsabilità 
                  di tipo culturale di cosiddetti esperti appartenenti alla nostra 
                  categoria (di architetti e urbanisti) alla quale la pubblica 
                  amministrazione spesso non può che affidarsi, per il proprio 
                  orientamento, per delega di competenza.  
                  7) il discorso della responsabilità di tipo culturale apre inevitabilmente 
                  quello della formazione degli architetti che sta vivendo una 
                  fase molto critica, se si vuol esser generosi. Uno degli aspetti 
                  sconcertanti è che, se si esce dall'ambito del restauro, è legittimo 
                  non saper nulla della storia dell'architettura e tantomeno dell'arte 
                  in generale. Come si può, in queste condizioni, chiedere che 
                  i progettisti abbiano la preparazione e la sensibilità necessarie 
                  ad intervenire in contesti storici dove hanno operato, guarini, 
                  castellamente, b.alfieri, ecc. ecc. ?  
                  si possono trarre delle conclusioni.  
                  la prima è che la preesistenza del vuoto, di quel vuoto, ha 
                  influenzato non solo la gente comune ma gli stessi cultori della 
                  materia urbanistica: quel piazzale dovuto alla sparizione di 
                  un isolato e poi diventato, per anni, parcheggio 'a raso', ha 
                  indotto a pensare alla stessa destinazione (parcheggio, anche 
                  se nel sottosuolo) come se fosse una destinazione d'uso scontata, 
                  col risultato che sopra di esso sono state escluse sia la realizzazione 
                  di un bel vuoto (una vera piazza) sia un pregevole pieno (la 
                  ricostruzione dell'isolato). siamo quasi costretti a seguire 
                  il furor di popolo e la sua definizione di brutto di quanto 
                  è stato fatto e a non domandarci se, anziché il parcheggio, 
                  non fosse preferibile prefissarsi l'obiettivo di trasformare 
                  lo squallido spiazzo in una bella piazza oppure quello di abbandonare 
                  il vuoto a favore di un'architettura aulica, degna della torino 
                  sei-ottocentesca. non saremmo arrivati alla mostruosità attuale 
                  e si sarebbe evitato di inaugurare il programma dei parcheggi 
                  pubblici in pieno centro storico.  
                  ma, così come è stato ed è tuttora per il cosiddetto palazzaccio 
                  di mario passanti in piazza del duomo, la semplicità e normalità 
                  popolari se non altro colgono la profonda incoerenza dell'insieme, 
                  soprattutto quando si realizzano opere che intendono sistemare 
                  definitivamete un luogo rimasto in stato di precarietà per decenni. 
                  se poteva essere tollerato un parcheggio provvisorio fatto di 
                  righe per terra e qualche alberello, non si può tollerare un'opera 
                  monumentale di grande trasformazione dell'area e per sempre. 
                  nel centro storico (non solo) si scontano le enormi difficoltà 
                  e maggiori scempi in fatto di inserimento ambientale. da questo 
                  punto di vista, l'arena con i suoi pendii verdeggianti, questo 
                  catino o culla con al centro una casetta ha effettivamente dell'incredibile. 
                  c'è da dire , però che gli autori non hanno avuto, almeno in 
                  quel contesto, il conforto di validi esempi da parte dei grandi 
                  maestri dell'architettura torinese.  
                  a costo di apparire blasfemo e, nel caso di carlo mollino, irrispettoso 
                  della sua memoria ( nella ricorrenza del centenario della sua 
                  nascita) non si può dire che la nuova borsa di gabetti, raineri, 
                  isola e la camera di commercio di mollino, siano da prendere 
                  a modello quanto a corretto inserimento e felice soluzione d'insieme. 
                  sono entrambe opere interessanti per molte soluzioni strutturali, 
                  tecniche e componentistiche ma hanno poco a che vedere con la 
                  salvaguardia della coerenza e la ricerca di armonizzazione con 
                  la volumetria ed il tessuto dell'ambiente di tutto l'intorno. 
                  nel primo caso i cosiddetti 'cappelli da monaca' risolvono una 
                  copertura che tende ad annullare il suo peso staccandosi quasi 
                  dagli appoggi su poderosi pilastri sfaccettati, annegati in 
                  un pesante basamento reso ancor più massiccio dal ricorso al 
                  bugnato in pietra scura. nell'altro caso abbiamo un edificio 
                  in ferro e vetro, modernissimo all'epoca, con un volume che 
                  abbandona qualsiasi rapporto con la volumetria degli edifici 
                  degli altri tre lati del piazzale proponendo un imperioso corpo 
                  stondato che si proietta a sbalzo sul piazzale medesimo. entrambi 
                  hanno evidentemente scelto la linea del cambiamento nella rottura 
                  (come sarà poi per la stragrande maggioranza degli interventi 
                  dell'architettura moderna), hanno scelto cioè un registro che 
                  nulla ha a che vedere con quelli che hanno prodotto la "..metamorfosi 
                  nella continuità..", tipici delle innovazioni del passato.  
                  insomma, piazzale valdo fusi è stato e continua ad essere -di 
                  fatto- un laboratorio di interventi che hanno dovuto affrontare 
                  problematiche fondamentali dell'architettura e dell'urbanistica: 
                  il recupero/riuso in un tessuto storico; la riedificazione o 
                  no di interi stabili e isolati nello stesso tessuto; l'inserimento 
                  del nuovo nel 'vecchio'; la rifunzionalizzazione di aree dequalificate; 
                  il tema della piazza, della sua preziosità (e, aggiungo io, 
                  dell'incapacità a realizzarle in epoca moderna); l'opportunità, 
                  o meno, della costruzione dei parcheggi sotto le piazze della 
                  zona centrale delle grandi città; il tema della continuità-discontinuità, 
                  della armoniosa coerenza o del deciso contrasto tra i nobili 
                  edifici (cortine di edifici) del passato e quelli di nuova costruzione. 
                   
                  pertanto, i progettisti del parcheggio finiscono con l'essere 
                  l'ultimo anello di una catena di errori che purtroppo appartengono 
                  alla storia dell'architettura (e della cultura) moderna torinese. 
                  i progettisti del parcheggio sono autori certamete di una mostruosità 
                  e quindi appartengono a pieno titolo a quella catena e, per 
                  loro sfortuna, non possono contare nemmeno sulla fama dei loro 
                  nomi. Una cosa si può rimproverare agli osteggiatori del parcheggio: 
                  l'essersi indignati solo all'apparire della sua abominevole 
                  forma e non già alla decisione -peggio che abominevole- di farlo 
                  esistere come tale per sempre.  
                  concludo con un augurio: che il furore contro il 'valdo fusi' 
                  sia l'inizio di un programma più vasto che comprenda tutti gli 
                  interventi che stanno ultimamente costellando di mostruosità 
                  torino. possibile che nessuna voce si levi contro quel magnifico 
                  esempio di disprezzo del rapporto con l'ambiente circostante 
                  che è l'intervento di fuksas a porta palazzo? e sul nuovo ponte 
                  -espressione di mirabile legame della carpenteria metallica 
                  con il vecchio borgo dell'arsenale e le sponde della dora- alle 
                  spalle sempre di porta palazzo, non c'è nulla da dire? eccetera. 
                  eccetera.  
                  nota al 'comitato valdo fusi'  
                  e' stato giustamente detto, anche in sede vostra, dell'importanza 
                  del bando dei concorsi e che, certamente, è il momento e fase 
                  in cui più e meglio può esercitarsi il controllo di tipo popolare. 
                  l'obiettivo del parcheggio pubblico, contenuto nel bando, non 
                  è mai stato oggetto di consultazione popolare. perché non proporsi 
                  di verificare ora tale obiettivo? perché, se si vuol percorrere 
                  la via del confronto con gli utenti, non si pongono ad essi 
                  le vere alternative: parcheggio pubblico / piazza / ricostruzione 
                  dell'isolato e verificare, con le seconde due, la coerenza con 
                  la scelta del parcheggio pubblico o di quella del parcheggio 
                  solo pertinenziale?  
                  il bando dovrebbe (doveva) discendere da queste verifiche avendo 
                  ben cura di chiarire tutte le connessioni che ogni scelta trascina 
                  con sé, così come i fatti hanno poi incontestabilmente dimostrato. 
                  per esempio, il parcheggio sotto il 'valdo fusi' è l'inizio 
                  di un programma di parcheggi in pieno centro: non può e non 
                  poteva essere considerato un fatto isolato, in quanto o si fa 
                  la scelta di inibilre l'auto di transito per il centro scoraggiandone 
                  in tutti i modi l'impiego o si fa quella opposta di permetterne 
                  l'ingresso e l'attraversamento col che non basta certo un parcheggio 
                  e nemmeno due.  
                  ma per far questo occorre chiarire in modo completo i programmi 
                  di trasformazione urbana secondo una visione complessiva da 
                  non tralasciare mai (anche e soprattutto per questo si fanno 
                  i prg). si scoprirebbe allora che fare il parcheggio pubblico 
                  sotto il 'Valdo Fusi' risponde ad una visione dell'immediato, 
                  miope, e non risolve alcun problema; che non basteranno quelli 
                  di piazza s. carlo e piazza vittorio; che la pedonalizzazione 
                  del centro storico non può procedere a un marciapiede qui ed 
                  un pezzo di via là ma che vanno semmai accelerati i programmi 
                  di estensione delle linee di metropolitana, di strade sotterranee, 
                  di linee superficiali tipo "star", di taxi collettivi, ecc. 
                  ecc.  
                  nei programmi con una visione complessiva rientra naturalmente 
                  l'articolazione delle pause interne all'abitato (piazze ed aree 
                  verdi) in particolare quelle del centro cittadino. ma qualsiasi 
                  intervento su di esse non può prescindere dal loro grado di 
                  vivibilità che è strettamente conseguente alla decisioni sulla 
                  viabilità attorno (ed anche interne) ad esse.  
                  pertanto, il legame -ampiamente condivisibile- tra aree verdi 
                  interne al fitto abitato è in netto contrasto ed antitetica 
                  con la destinazione di una o più di esse ad autorimessa pubblica. 
                  suggestiva è l'idea della connessione soprattutto tra le aree 
                  di piazzale valdo fusi, aiuola balbo e giardini cavour (perché 
                  escludere questi ultimi?), intrecciate e lambite con piste ciclabili 
                  (in progetto) ma risulterebbe impraticabile se si continua ad 
                  utilizzare il loro sottosuolo per attrarre le auto di tutti 
                  i cittadini che vogliono venire in centro.  
                  pa revisione di quanto è successo in piazzale valdo fusi deve 
                  partire dai questi presupposti se non vuol limitarsi ad una 
                  ritoccata soloesteriore (anche se non da sottovalutare) e mandare 
                  un segnale simbolicamente forte già sul piano delle scelte a 
                  monte, non solo delle scelte tra una forma o un'altra da dare 
                  ad una decisione comunque sbagliata.  
                  per quanto riguarda quest'ultima, infine, occorre rifuggire 
                  da semplificazioni (che sono già circolate, quali la proposta 
                  di riempire tutta la 'conca' di terra e fare una piazza 'a bastione', 
                  col risultato di tagliare la visione dei palazzi circostanti 
                  da tutte e quattro le vie) che, ripeto, farebbero rimpiangere 
                  ancor più le opzioni della piazza e dell'edificato ma questa 
                  volta con l'approvazione dei residenti.  
                  la qualità degli interventi non può che discendere dalla ripresa 
                  della ricerca di equilibrio, armonia, coerenza e scrupoloso 
                  rapporto con l'ambiente in cui gli interventi si collocano. 
                  altrimenti, come purtroppo è ormai norma per tanta architettura 
                  moderna, sono al di fuori del luogo e della storia. occorre 
                  riproporre registri di linguaggio che fungano da riferimento 
                  per i progettisti così da garantire linee essenziali di continuità 
                  e di omogeneità che non hanno mai impedito o ostacolato la genialità 
                  delle soluzioni.  
                  si sconta questa assenza, questo vuoto già nelle norme dei prg 
                  e ancor più nel funzionamento delle commissioni edilizie ed 
                  anche, inevitabilmente, nelle valutazioni concorsuali. per colmare 
                  questa assenza non ci si può limitare ad operazioni di 'lifting' 
                  di uno o di tre spazi aperti. e non basta che un concorso sia 
                  internazionale per dare garanzie assolute. ma al concorso (di 
                  idee, beninteso, che è uno degli obiettivi della nostra associazione) 
                  non c'è alternativa. conta, innanzitutto, chiarire bene a fondo 
                  le alternative tra gli obiettivi di sviluppo del modo di vivere 
                  e quindi imporre che si abbiano tutte le informazioni utili 
                  per questo.  
                  la città che ripensa se stessa: questo dovrebbe essere il messaggio 
                  forte che, come dalla nostra associazione, dovrebbe emergere 
                  dalla indubbiamente bella iniziativa vostra ma che non deve 
                  andar sprecata. la peculiarità del 'comitato valdo fusi' credo 
                  stia in gran parte nel testimoniare che si sta toccando il fondo 
                  dell'impudenza nel costruire le città, anche se il ricorso al 
                  popolo non risolve deficit strutturali come quelli fin qui accennati. 
                  e.b.  
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  26/6/2005 luigi bobbio, 
                  franco corsico, matteo robiglio 
                  come si decide una architettura in pubblico; contributo 
                  per il processo di ridisegno degli spazi pubblici del borgo 
                  nuovo.  
                  il dibattito sulla qualità architettonica della sistemazione 
                  esterna del parcheggio di piazzale valdo fusi a torino ha portato 
                  alla luce un nodo fondamentale della costruzione della città 
                  contemporanea: come si costruisce il consenso del pubblico su 
                  un’opera pubblica? questo è il vero elemento di novità, 
                  attraverso il quale torino potrebbe offrire, a partire da un 
                  caso solo apparentemente minore, un contributo utile su un tema 
                  che emerge con sempre maggiore forza nelle città occidentali 
                  (a parigi come a new york). 
                  la città contemporanea è intrinsecamente pluralista. esigenze, 
                  desideri, bisogni e gusti sono diversi, in molti casi opposti. 
                  appartengono alla sfera degli individui e dei gruppi, ognuno 
                  dei quali proietta le proprie attese e volontà sul proprio spazio 
                  di vita. lo spazio privato può essere caratterizzato da ognuno 
                  in indipendenza ed autonomia. lo spazio pubblico della città 
                  è invece il punto di intersezione, per forza unico anche quando 
                  non univoco, di traiettorie molteplici e potenzialmente conflittuali. 
                  lo spazio pubblico della città antica poteva essere deciso dal 
                  sovrano. lo spazio pubblico della città medioevale poteva scaturire 
                  come espressione organica della comunità che lo costruiva. lo 
                  spazio pubblico della città industriale era espressione di una 
                  chiara funzionalità (circolazione, svago, sosta). e oggi? negli 
                  ultimi anni si è ripetuto che la qualità architettonica si ottiene 
                  con i concorsi. valdo fusi ci dimostra che le procedure possono 
                  forse produrre architetture di qualità, ma non garantiscono 
                  che il pubblico dei cittadini vi si riconosca, le consideri 
                  espressione di una visione condivisa. e quindi chieda di rimettervi 
                  mano. come? 
                  la procedura del concorso di architettura ha alcuni limiti intrinseci. 
                  ne evidenziamo tre: la competizione porta i concorrenti ad enfatizzare 
                  il proprio segno distintivo, la propria “cifra” 
                  stilistica, al fine di essere unici e riconoscibili; la selezione 
                  comparativa premia i progetti capaci di semplificare fortemente, 
                  di essere chiari ed essenziali; l’elaborazione di proposte 
                  compiute e formalizzate in tutti i loro diversi aspetti esclude 
                  ogni possibilità di revisione, rende delicato ogni adattamento. 
                  ci pare quindi che il concorso, nella sua forma tradizionale, 
                  non sia lo strumento adatto per ridisegnare valdo fusi, che 
                  è già stato l’esito di un concorso, e tanto meno sia adatto 
                  ad affrontare un tema complesso e delicato come il sistema degli 
                  spazi aperti del borgo nuovo. 
                  i limiti delle procedure concorsuali correnti potrebbero essere 
                  superati attraverso un processo di costruzione di una commessa 
                  pubblica condivisa. intendiamo con questa espressione definire 
                  un percorso di lavoro partecipativo, parallelo alle necessarie 
                  indagini tecniche e storiche, che attraverso il coinvolgimento 
                  dei cittadini esplori preventivamente in una fase di ascolto 
                  del territorio bisogni, esigenze ed aspettative, ponendoli alla 
                  base di un successivo studio progettuale affidato ad architetti 
                  professionisti, con tappe di verifica pubblica intermedia e 
                  messa a punto delle soluzioni proposte. spetterebbe alla fase 
                  di ascolto definire ad esempio i contorni dell’ambito 
                  da ridisegnare, le vocazioni e gli usi possibili dei diversi 
                  spazi, le caratteristiche morfologiche desiderate. per l’individuazione 
                  degli architetti potrebbe essere utilizzata la procedura francese 
                  del marché de définition, poco nota in italia ma del tutto compatibile 
                  con la normativa nazionale. si tratta di una procedura di tipo 
                  concorsuale che viene impiegata nei casi in cui la collettività 
                  non è in grado di definire con precisione un mandato di opera 
                  pubblica (si veda http://www.localjuris.com.fr/archives/marches2001/guidemp/proced/defini.htm). 
                  essa si sviluppa di solito – anche se può essere adattata 
                  ai casi specifici - in tre fasi: inizialmente si individua, 
                  con procedura aperta e selezione sulla base del curriculum, 
                  un certo numero di gruppi professionali di livello internazionale 
                  (dell’ordine di 10). a questi viene sottoposto il risultato 
                  della fase di indagine preliminare, invitandoli a formulare 
                  una proposta sintetica di approccio al tema di progetto; sulla 
                  base delle proposte formulate si selezionano tre gruppi, che 
                  vengono incaricati di sviluppare in parallelo le loro proposte 
                  progettuali, con l’impegno a verifiche pubbliche periodiche. 
                  al termine di questa terza fase si procede alla scelta della 
                  proposta da portare in attuazione. in tutte le fasi, la scelta 
                  può essere effettuata da una giuria pubblica dei cittadini. 
                  la realizzazione del progetto prescelto può essere affidata 
                  direttamente ai professionisti che ne sono autori, o affidata 
                  agli uffici tecnici della città. 
                  siamo fin d’ora disponibili per approfondire questa ipotesi, 
                  che ci pare possa offrire la rapidità, qualità, condivisione 
                  e trasparenza che il “caso” valdo fusi richiede, 
                  ma che crediamo anche possa costituire un utile precedente per 
                  altri luoghi ed interventi nella città.  
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  4/7/2005 mercedes 
                  bresso 
                   ringrazio molto per il pensiero avuto ed esprimo la 
                  mia personale simpatia per il progetto. tuttavia, il ruolo istituzionale 
                  che rivesto non mi permette di aderire a un comitato di cittadini. 
                  vi suggerisco di contattare l'assessore regionale all'urbanistica, 
                  sergio conti, per un eventuale appoggio che svincoli, in ogni 
                  caso, dall'adesione. cordiali saluti, mercedes bresso. 
                   
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                2/9/2005 
                  benedetto camerana 
                  ho letto la proposta bobbio-corsico-robiglio, nulla di nuovo 
                  (in europa) ma in italia raramente vista (a me è capitato su 
                  un concorso, peraltro felicemente vinto, per un opera non a 
                  caso da  realizzare tra italia e francia)  sicuramente 
                  la soluzione porterebbe a un buon risultato, voglio dire a un 
                  buon progetto finale, e le cose migliori sono la ricerca iniziale 
                  e la discussione del progetto giá consegnato, ma ci sono dei 
                  contro: 
                  - tempi lunghi: tre fasi sono tante 
                  - costi alti: c'é da pagare la ricerca pre-concorso, e i partecipanti 
                  richiedono un premio piú alto per un concorso in piú fasi 
                  - pericoloso coinvolgere il pubblico, quando non si ha una committenza 
                  pubblica salda...non é il caso nostro??? 
                   
                    
                 
                 
                 
                 
                 
                  
                
  
               2/11/05 
                  giovanni torretta 
                 
                 
                  Ho 
                  letto il documento del Comitato che mi avete indirizzato dopo 
                  l’ultima riunione e vi invio, anche se non immediatamente, 
                  alcune osservazioni che ritengo condivise dalla nostra Società 
                  anche se non sono state ufficialmente sottoposte ad approvazione 
                  del nostro Consiglio Direttivo.  
                 
                  Nel 
                  documento non si coinvolge la commissione giudicatrice del concorso. 
                  Si tratta di commissioni composte da persone che fanno le scelte 
                  più importanti e che non vengono mai chiamate in causa per le 
                  conseguenze del loro lavoro. A lavori ultimati, a gettone di 
                  presenza incassato, i commissari scompaiono e tornano alle loro 
                  consuete attività. Le Amministrazioni che li hanno nominati 
                  si trovano a dover gestire i risultati, spesso in condizioni 
                  quasi irreparabili. 
                 
                  Il 
                  Valdo Fusi ha seguito una procedura corretta, con pubblicazione 
                  di tutte le fasi di selezione del progetto. I progettisti sono 
                  stati bersagliati senza tener conto che non hanno fatto altro 
                  che portare a termine la proposta che avevano avanzato e che 
                  era stata scelta. Semmai è curioso che gli Ordini non abbiano 
                  preso le difese dei progettisti. L’esecuzione rudimentale 
                  dei dettagli non è certo loro imputabile. 
                 
                  Stiamo 
                  parlando del Valdo Fusi ma non lascia meno perplessi il Palafukas. 
                  Almeno il V.F. è un parcheggio che funziona ma il Palafuksas 
                  non funziona come mercato, è costato il triplo del preventivato, 
                  avrà costi di gestione superiori agli incassi di coloro che 
                  dovrebbero utilizzarlo, è perlomeno discutibile come inserimento. 
                  Mi sembra che ce ne sia a sufficienza per chiedere ragione a 
                  chi lo ha scelto. 
                 
                  Si 
                  tratta di argomenti che sono più urgenti e comunque prioritari 
                  rispetto a quelli che sembrano preoccupare maggiormente il comitato 
                  V.F., argomenti tutti orientati a studiare le modalità di costruzione 
                  del consenso. Quasi farebbe pensare che se il consenso fosse 
                  stato curato il giudizio collettivo sul Valdo Fusi sarebbe stato 
                  diverso. E’ probabile ma avrebbe dovuto essere un giudizio 
                  orientato e non manipolato.  
                 
                  A 
                  me sembra prioritario occuparsi di come vengono nominati i commissari 
                  che scelgono i progetti, delle loro competenze e della attribuzione 
                  pubblica a loro dei meriti e dei demeriti delle scelte.  
                 
                  In 
                  tempi lontani mi sono occupato della costruzione del consenso, 
                  o meglio, della raccolta ragionata delle aspettative e della 
                  valutazione delle possibilità del loro orientamento. Perché 
                  di questo si tratta: il consenso va costruito e soprattutto 
                  orientato. Si tratta di un lavoro lungo e molto impegnativo 
                  di maturazione reciproca e di reciproca influenza tra cultura 
                  alta e aspettativa proveniente dal mondo non disciplinare.  
                 
                  I 
                  mezzi di comunicazione sono interessati quasi esclusivamente 
                  agli aspetti scandalistici e pochissimo ad iniziative di lungo 
                  respiro che facciano maturare la collettività cui si rivolgono. 
                  Quindi altro argomento importante per muoversi nella direzione 
                  della costruzione di condizioni culturali non provinciali ma 
                  radicate e fondate su obiettivi condivisi e solidi, riguarda 
                  i mezzi con cui si può operare. Mostre o iniziative frequentate 
                  da marginali  cerchie di affezionati rischiano di consolidare 
                  compiacimento e giudizi elitari che incancreniscono ulteriormente 
                  il distacco tra i presunti “esperti” di settore 
                  e la più vasta collettività degli utenti.  
                 
                  Da 
                  ultimo: il comitato non dice nulle sul trattamento fatto alla 
                  piazza (e ai progettisti) avendovi collocata l'incredibile baita 
                  canadese: ma dove è finita l'etica professionale, che imporrebbe 
                  delicatezza nel momento in cui si interviene sull'opera di un 
                  collega? Come si può demolire in modo tanto grossolano uno spazio 
                  pubblico, per quanto non gradito? 
                 
                  Se 
                  vogliamo prendere iniziative che contribuiscano a migliorare 
                  l’operare collettivo sullo spazio pubblico dobbiamo approfittare 
                  delle occasioni che si presentano per affrontare tematiche ricorrenti. 
                   
                 
                  Lo 
                  stesso discorso vale anche per Piazza Vittorio e i pollai, per 
                  Piazza Castello e i cioccolatai, per Piazza Carignano e i commerci 
                  equi e solidali, per i monumenti trasformati in supporti pubblicitari 
                  e per tutte le altre attività che fanno della città una fiera 
                  permanente, dove in virtù della "temporaneità" tutto 
                  è permesso, in un continuo tentativo di rendere "eccezionale" 
                  una situazione che meriterebbe soltanto di essere semplicemente 
                  normale, con un arredo adeguato, il verde curato, le automobili 
                  parcheggiate, i tram che passano e si fermano, i negozi, i caffè 
                  e le persone etc. etc… 
                 
                  Quando 
                  si parlava della necessità che la città venisse riappropriata 
                  dagli abitanti più deboli e resa più disponibile si intendeva 
                  un’altra cosa. 
                 
                  Quest’ultima 
                  osservazione potrà sembrarvi fatta da un anziano disilluso, 
                  invece è stata suggerita da uno dei nostri consiglieri più giovani. 
                   
                   
                     
                
                 
                 
                 
                
                 
                  21/12/05 
                  andrea miglietta  
                  Gentilissimi signori, faccio seguito ai messaggi ricevuti e 
                  vi trasmetto il contributo promesso. E' una goccia nel mare, 
                  ma speriamo che tutto serva, poiché la situazione  
                  attuale del piazzale è veramente un'offesa alla memoria 
                  della persona di cui porta il nome. Ho cercato di essere positivo, 
                  ma non è facile, vedendo che, al momento e per chissà 
                  quanto, mettiamo in mostra, a spese dei contribuenti, le sterpaglie 
                  più costose al mondo. Con stima, Andrea Miglietta 
                 
                   
                 
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