Sotto l'albero la città futura. Viaggio natalizio nei luoghi dove nasce la Torino che verrà.
23 dicembre 2004
di Maurizio Crosetti
Se un nostro concittadino tornasse dopo un' assenza di appena un anno, scoprirebbe con sorpresa paesaggi insospettati di mattoni dissepolti e pali misteriosi In via Livorno un ipermercato al posto delle ciminiere, in piazza Fusi la casetta di Heidi, nel "salotto" sventrato un ponte romano e in piazza Solferino il ghiaccio In piazza San Carlo i lavori in corso diventano uno show per i passanti che si fermano e guardano il sottosuolo svelato come in un museo le mille visioni di una metropoli che sta cambiando Dai cantieri aperti delle Olimpiadi alle "Luci d'artista" Un percorso a sorpresa. L' ideale sarebbe trasportare qui un torinese che mancava da un po' di tempo, anche solo un anno, diciamo dal Natale 2003. Accompagnarlo a passeggiare, guardandolo mentre guarda. Se arriva con l'autostrada da sud oppure da est, il viaggiatore si accorgerà del nuovo Palavela, di quell' ala di Fenice risorta e di quel rosso fuoco a farle da cuore. La sera c' è un alone giallo di luci che rimbalzano sotto il triangolo del tetto, e il rettangolo di immenso acquario. Una cosa venuta su alla svelta, poche settimane dalle macerie allo smalto carminio: il primo segno olimpico è questo, insieme al palazzo con i ghirigori bianchi e blu dove ha la sede il Toroc, in via Bologna angolo corso Novara. Anche lì un pezzo di Torino che non c' era, e le tinte sono da videoclip. Visto che si trova un po' fuori dal centro ingolfato, il viaggiatore che mancava da Torino (e al quale, c' è da crederlo, Torino mancava) potrebbe spingersi in via Livorno e in corso Umbria, dove forse ricorderà sfilate di case e fabbriche con qualche ciminiera sullo sfondo. Ora c' è l' iper super ultra mega arci centro commerciale, come i tanti già visti ma di più. E c' è il parco della ricerca tecnologica, dove stanno inventando il modo di farci muovere e scaldare a idrogeno. Seguendo le luci natalizie, che rispetto a qualche anno fa hanno perduto l'invadenza degli sponsor, si arriva finalmente in piazza Vittorio e qui il viaggiatore chiederà certamente notizie dagli scavi. Vedrà voragini meno profonde, per il momento, di quelle che lo aspettano in piazza San Carlo, vedrà griglie metalliche e traffico convogliato, strettoie e passaggi obbligati da slalom, ma soprattutto noterà i pali. Stanno in fila per uno, alti, scuri, e non promettono niente di buono. Se il viaggiatore fosse già passato in piazzale Valdo Fusi, potrebbe pensare: questi sono capaci di tutto. Il pensiero è solo rimandato, per ora vince lo stupore, insieme alla speranza di una piazza senza automobili, sopra e dentro, prima o poi. Forse Torino è stata invasa dalle talpe giganti, forse stanno girando un kolossal di fantascienza, potrà pensare il viaggiatore che mancava dalla sua città. Il cruciverba dei cantieri può essere letto non solo incrociando orizzontali e verticali, ma come una specie di mappa segreta. Il tesoro sarà forse quel famoso ponte romano riemerso a sorpresa? Vale la pena andarci e dare un' occhiata. Piazza San Carlo sembra una fabbrica medievale, si direbbe che stiano posando le fondamenta di una cattedrale, ma i pilastri della terra hanno il vuoto attorno, sembrano scampati a un recente bombardamento. Qualcosa di antichissimo accanto a qualcosa di postmoderno, l'inevitabile creatività ottica che con il titolo leggermente pomposo di "Luci d' artista" ha trasformato Torino nella città dei più fantasiosi elettricisti d' Italia. A volte ci azzeccano, quando si tengono sul semplice, altre volte svaccano un po' , però le luminescenze di blu cobalto e rosso tizzone fanno la loro figura. Il ponte è qualcosa di fortemente simbolico, pure troppo. Dove porterà? Come si appoggerà? Quali mondi e quali tempi collegherà? Bello sarebbe, per il viaggiatore, poter spalancare gli occhi su questo luogo proprio come diventerà. Speriamo bene, pensa il torinese che si era preso una vacanza altrove, ma non ha ancora finito di formulare il concetto che ha già infilato via Giolitti, ed è arrivato in piazzale Fusi. Vorrebbe rivederlo, non riesce. C' è il muro. Ci gira attorno, lui è un viandante paziente, ed ecco apparire la casetta di Heidi. Ma che bella città sempre in movimento, pensa il viaggiatore. Poi se ne va. Dalla parte opposta. Lontano, in direzione contraria, giusto per riprendersi. E allora si torna indietro, si passa il ponte con la terra sbocconcellata attorno, si risale da via Maria Teresa e si arriva in piazza Solferino. Il viaggiatore nota i due enormi gusci di vetro fumè, due giandujotti di cristallo progettati - pensa - da qualche geometra comunale che negli anni Ottanta disegnava palazzi municipali e banche, ma siccome è Natale non sta tanto a fare lo schizzinoso. Il vuoto che riempie il pieno e lo cancella gli sembra la metafora di questi tempi falsi, tutto è pubblicità, racconto di quello che non esiste. Questo infatti accade dentro i due padiglioni futuribili. Ma fuori, accidenti, fuori c' è la pista di pattinaggio! Siccome il viaggiatore è un romantico, subito decide che gli piace tanto, e gli ricorda le strisce di Charlie Brown in cui tutti vanno a skettinare, anche il bracchetto Snoopy, anche l' uccellino Woodstock. Ora il torinese ricomparso si sente un po' in America e un po' fumetto, poi guarda i bambini che scivolano sulla lastra tonda e bianca e decide che questo è proprio bello. Come la neve prima che si sciolga.